Stop al lavoro nei giorni festivi. Giornata di lotta di Potere al Popolo

Martedi 26 dicembre in diverse città italiane gli attivisti di Potere al Popolo hanno dato vita a iniziative di informazione, denuncia e protesta nei centri commerciali e della grande distribuzione dove le direzioni hanno deciso di imporre il lavoro anche nei giorni festivi ai loro dipendenti.

Il luogo scelto da Potere al Popolo a Roma per la giornata nazionale contro l’apertura dei negozi nei giorni festivi è stata la Galleria commerciale della stazione Termini. Da Torino a Padova, da Milano a Napoli, e poi Mantova, Genova, Bari, Piombino, Treviso…  in decine di città italiane è stato raccolto l’invito del nuovo movimento politico. I sostenitori di Potere al popolo si sono presentati con abiti di Babbo Natale ed i classici berretti rossi ed hanno distribuito a passanti e viaggiatori volantini e donato regali che nessun Babbo Natale potrà mai portare: diritti, tempo, articolo 18, ferie pagate, rispetto… tante cose che ai lavoratori sono state tolte o che vengono sempre più negate, e che Potere al Popolo, che si presenterà con una lista indipendente alle prossime elezioni, mette al centro del proprio programma. Il programma di Potere al Popolo è stato scritto con il contributo di più di cento assemblee territoriali, la partecipazione di decine di associazioni, organizzazioni politiche e sociali e movimenti di base e si può leggere sul sito www.poterealpopolo.org.

Potere al Popolo. Un programma per rovesciare il tavolo

Il percorso di Potere al Popolo, dopo una discussione che ha coinvolto anche i territori, ha cercato di raccogliere e sintetizzare sia le diverse esigenze che le nuove emergenze su una situazione politica e sociale del paese diventata insopportabile.

Con 18 milioni di persone a rischio povertà, 12 milioni di persone che non si curano più per motivi economici, una domanda abitativa disattesa verso 700mila famiglie, 5 milioni di emigrati all’estero negli ultimi dieci anni (ormai più numerosi degli immigrati che arrivano nel nostro paese), 2,5 milioni di Neet, giovani esclusi che non studiano e non lavorano, la situazione sociale del paese richiede soluzioni che nessuna classe dominante e nessun governo di destra o centro-sinistra intende fornire o neanche immaginare. Su tutto pesano i vincoli esterni dell’Unione Europea e dei suoi trattati antipopolari, e della Nato che trascina il paese nelle guerre, nel riarmo e nella militarizzazione crescente del territorio.

Un programma può diventare una lista della spesa o dei desideri e rimanere inerte,  parole scritte ma inerti. Il problema principale di un programma è la sua logica, non la sua ragionevolezza. Può essere un programma minimo, con carattere più riformista che “rivoluzionario”, ma è la logica che lo ispira che deve trasudare rottura dell’esistente da ogni parola e da ogni obiettivo. Esso non deve essere ragionevole di fronte agli avversari o potabile in un talk show, deve ridare ai settori popolari il senso del riscatto, della dignità, se volete della “vendetta” contro un nemico che gli sta rovinando la vita e ipotecando il futuro.

Quello di Potere al Popolo è quello che più cerca di avvicinarsi a questo, a indicare soluzioni ai problemi dei settori sociali più massacrati dalla crisi capitalistica e dalle misure antipopolari adottate dalle classi dominanti per farvi fronte.

Clicca e guarda:  PROGRAMMA DI POTERE AL POPOLO

Lampedusa. Iniziative sulla “frontiera”. Lettera aperta ai tunisini

Abbiamo organizzato due assemblee a Lampedusa:

Il 22 dicembre quella di Potere al Popolo di cui trovate le informazioni qui > https://www.facebook.com/events/164719560801199/

Il 27 dicembre alle ore 10.00 del mattino in piazza della Libertà a Lampedusa per discutere le modalità di azione per chiedere:

1) sul piano locale: La chiusura dell’Hotspot e la smilitarizzazione dell’isola;
2) sul piano internazionale: la regolarizzazione dei viaggi per tutte e tutti;
3) sul piano contingente: di fare informazione in Tunisia tra i ragazzi che vogliono partire, spiegando quale è la situazione attuale a Lampedusa e in Italia creando delle reti con le associazioni tunisine.

E’ importante la partecipazione di tutte e tutti.
Chi vuole intervenire deve scrivere a askavusa@gmail.com o su Facebook al profilo di Askavusa.

Chiediamo a tutti di aderire.

Abbiamo scritto la lettera seguente che sarà tradotta da Moez Chamkhi in arabo entro questa settimana e fatta circolare tra le associazioni e i contatti in Tunisia e in Italia.

Intanto vi chiediamo renderla pubblica tra i vostri contatti  nella versione italiana:

“Care sorelle tunisine, cari fratelli tunisini

Care compagne e cari compagni della Tunisia

vi scriviamo da Lampedusa questa piccola isola nel mediterraneo che da anni è divenuta il simbolo delle migrazioni e che da decenni ha assunto un ruolo centrale nelle politiche militari della NATO e dell’UE, un’isola palcoscenico per molti politicanti e capi di stato, una piccola isola che molti di voi hanno cominciato a conoscere dall’inizio degli anni novanta, da quando l’Unione Europea ha imposto ai suoi stati membri misure economiche che hanno reso sempre più poveri e senza diritti la gran parte dei cittadini, in particolare quelli del sud Europa e in particolare le fasce sociali più deboli.

Nello stesso momento l’UE creava un confine esterno europeo e a partire dal 1990, con la legge Martelli, l’Italia si assicurava l’entrata nello spazio di libera circolazione e scambio di Schengen, imponendo, a chi voleva entrare in Italia dalla Tunisia, un visto rilasciato dall’Italia stessa. Fino a quel momento voi potevate arrivare con un passaporto, magari lavorare per mesi in Italia e poi tornare in Tunisia, pagandovi un normale biglietto di viaggio e appoggiandovi alla rete di conoscenze e di familiari che avete in Europa.

Dal 1990 questo non è stato più possibile, tutto si è complicato con le leggi imposte dall’UE che hanno creato clandestinità, sfruttamento e la vostra criminalizzazione per il solo fatto di essere tunisini in cerca di lavoro. Il primo arrivo di ragazzi tunisini in maniera “clandestina” a Lampedusa fu nel 1992, i primi di voi arrivavano sull’isola e cercavano la stazione dei treni perché pensavano che fossero arrivati in Sicilia. All’epoca dopo una notte passata a dormire davanti la caserma della Guardia di Finanza prendevate la nave e in Sicilia provavate a trovare un lavoro e ad ottenere un visto.

Nel 1998 con la legge Turco-Napolitano si costruiranno dei luoghi di detenzione per migranti che saranno privati della libertà senza aver commesso nessun tipo di reato. Uno dei primi fu costruito proprio a Lampedusa e dopo poco tempo un gruppo di persone provenienti dalla Tunisia diede fuoco a quel centro perché trattenuti per un lungo periodo in condizioni disumane . Di questi episodi ne verranno altri nel tempo e le leggi seguiranno ad evolversi seguendo questa logica di sfruttamento e criminalizzazione.

Lampedusani e Tunisini da sempre si sono incontrati in mare ed alcuni di noi sono nati in Tunisia, molti di noi la frequentano come turisti e amanti del vostro bellissimo paese ma il colonialismo prima e l’imperialismo dopo, hanno cercato in tutti i modi di creare tensioni e incomprensione tra i nostri popoli. Avevamo guardato con interesse ai moti rivoluzionari del 2008 nelle regioni minerarie, a quel movimento popolare pieno di coscienza storica e politica che fu represso nel sangue, nelle prigioni e nelle torture, quel movimento non appassionò la stampa e la politica europea, perché non era funzionale a nessuna destabilizzazione dell’area mediterranea, era un movimento che aveva in se una coscienza di classe e faceva paura ai governanti anche da questa parte del Mediterraneo. Nel 2011 avevamo capito che quello che stava accadendo, anche se spinto da motivazioni reali e giuste, sarebbe diventato un’arma di destabilizzazione in mano alla NATO e agli USA e purtroppo crediamo che sia accaduto questo. Il 2011 fu un anno difficilissimo per noi e per molti di voi, sull’isola infatti vennero trattenuti per mesi circa otto mila tunisini, a fronte dei sei mila lampedusani, creando una grande emergenza e un enorme girò di soldi gestito dall’allora governo Berlusconi. A settembre di quell’anno, un gruppo di lampedusani si scagliò contro un gruppo di tunisini che avevano bruciato nuovamente il centro, molti non riuscirono a capire le motivazioni di quel gesto, noi capiamo e non condanniamo chi si ribella a questo stato di cose e non accetta di essere prvato della propria libertà.

Oggi il vostro governo vi usa come carne da macello per chiedere all’UE soldi e armi e una volta che arrivate qui venite segregati per mesi e poi riportati in Tunisia, il tempo di far fare soldi a chi gestisce l’hotspot (la vostra prigione) e creare tensioni sull’isola e nell’opinione pubblica italiana.

Purtroppo non tutti i tunisini sull’isola riescono a tenere un comportamento corretto (cosi come molti italiani quando vanno in altri paesi) e questo alimenta la paura e quello che i governi vogliono far montare: cioè l’odio tra le classi più povere, “la guerra tra i poveri” mentre loro continuano ad accumulare capitale e distruggere i lavoratori, i precari e i disoccupati. Purtroppo non tutti i lampedusani riescono a capire le condizioni e la frustrazione di chi si vede costretto in un limbo, la rabbia di chi è cresciuto in contesti durissimi e non vede soluzioni davanti a sé, in alcuni momenti diventa difficile capirsi e spiegarsi. La situazione economica nel sud Europa è pessima e dall’Italia ogni anno vanno via centinaia di migliaia di giovani che di diverso da voi hanno la possibilità di andare via senza rischiare la vita in treno o in aereo ma vivono la stessa vostra incertezza nel futuro, la stessa rabbia di fronte ad una classe politica serva di banche e multinazionali, la vostra stessa voglia di vivere e per quanto ci riguarda di continuare a lottare.

Con questa lettera vi chiediamo di provare ad agire insieme affinché si aprano canali regolari di viaggio e si possano modificare tutte le leggi sul lavoro per dare dignità e diritti ai lavoratori di qualsiasi nazionalità essi siano. Sappiamo anche che quanto detto non possiamo ottenerlo da questa classe politica ne dalle attuali istituzioni e che dobbiamo organizzarci per prenderci il potere e fare un grande lavoro di ricostruzione politica ed economica del Mediterraneo una ricostruzione anche identitaria che possa nelle differenze trovare i bisogni comuni che come sappiamo sono tantissimi. Il 27 dicembre abbiamo chiamato un’assemblea pubblica a Lampedusa per chiedere: la chiusura dell’hotspot, la smilitarizzazione dell’isola e la possibilità di ingressi regolari per tutte e tutti. Sarebbe bello se anche voi quel giorno davanti all’ambasciata italiana chiedeste la possibilità di ingressi regolari, questo eviterebbe il vostro calvario e la fine di una pressione sulla nostra piccola isola.

Sappiamo anche che molti di voi proveranno a ripartire non appena il tempo si calmerà, non possiamo dirvi di non farlo, ognuno è libero o quantomeno dovrebbe esserlo, quello che vi diciamo è di valutare bene a cosa andate incontro e la possibilità di restare nel vostro paese per aprire una nuova fase politica in Tunisia, che possa avere una dimensione mediterranea a partire dal dialogo con la nostra piccola isola e tra pescatori lampedusani e tunisini che spesso si trovano in mare ma che spesso non riescono a trovare accordi per un rispetto reciproco e per una razionalizzazione della pesca che possa rispettare prima di tutto il mare e i suoi ritmi. Vogliamo dirvi chiaramente che la situazione che vi aspetta è tragica.

Chiediamo a voi quel rispetto che i nostri governanti non hanno mai avuto e non hanno nei nostri confronti, mettendoci spesso in condizioni di crisi psicologica ed economica, vi chiediamo di provare a fare qualcosa insieme per la Tunisia, per il mediterraneo e per questa piccola isola e di continuare a lottare per la libertà di movimento e per i diritti dei lavoratori. In questi mesi stiamo partecipando alla costruzione di un movimento politico in Italia che si chiama “Potere al Popolo” che ha come suo primo obbiettivo quello di unificare le lotte nei territori, sarebbe bello avere un contatto con tutti coloro che in Tunisia stanno facendo concretamente qualcosa ed aprire un dialogo per la costruzione di un percorso comune!”

Collettivo Askavusa

Senza Paura!

Eurostop accetta la sfida di Potere al Popolo

La Piattaforma Eurostop ha partecipato attivamente all’affollata assemblea tenutasi domenica 17 dicembre al teatro Ambra Iovinelli di Roma,  accettando così la sfida del processo che porterà alla lista Potere al Popolo nelle prossime elezioni politiche.

Per vedere concretamente questa opzione sul campo occorrerà adesso raccogliere le firme necessarie in tutti collegi elettorali, e bisognerà farlo rapidamente. Eppure, a giudicare dalla spinta e dal clima che si è respirato in una freddissima giornata di dicembre, anche questa tappa verrà affrontata con slancio, lo stesso che è stato imposto un mese fa dai compagni del centro Je So Pazzo di Napoli.

In qualche modo la natura e il ritmo impressi al processo di Potere al Popolo, anche in questo, hanno imposto la dovuta discontinuità rispetto a certe estenuate liturgie della “sinistra”. Un dato leggibile dalle quasi settanta assemblee locali che si sono svolte tra la prima  assemblea (18 novembre) e quella di domenica scorsa.

Il dibattito provocato da questa proposta ha attraversato tutte le realtà che l’hanno guardata con interesse già da come si era presentata. Come noto la Piattaforma Eurostop ha visto una sua vivace assemblea nazionale discutere e poi decidere a maggioranza che l’esperimento andava tentato. Ma anche dentro i partiti comunisti “storici” o molti collettivi territoriali la discussione e la decisione risulta non essere stata affatto semplice.

Eppure in queste settimane si è capito che si respirava un’aria diversa, che ha portato in tanti a dire “accettiamo la sfida”, mediando dove era necessario e forzando dove era indispensabile. Potere al Popolo si è data gli strumenti minimi per cominciare a ingaggiarla: un simbolo (che pure è stata oggetto di molte discussioni) e un responsabile politico (imposto dalla legge elettorale) che è stato riconosciuto ai compagni di Napoli che si sono assunti la responsabilità di avviare il processo.

L’assemblea all’Ambra Jovinelli ha concesso poco, anzi pochissimo, a liturgie e artifici politicisti. L’intervento introduttivo di una compagna di Napoli ha fatto riverberare con grinta parole, interlocuzioni sociali e indicazioni che sembravano seppellite nel pantano della politica messa a disposizione in questi anni dalla sinistra.

A marcare la differenza è l’aver affidato il primo intervento a Bassam Saleh, compagno palestinese conosciuto e stimato, per rendere omaggio alla nuova Intifada ingaggiata dal popolo dei Territori Occupati.

Hanno portato i loro contributo di esperienze sul campo i compagni spagnoli di Unidos/Podemos e di France Insoumise, confermando come negli altri paesi europei si abbia assai meno paura di parole come rottura con l’Unione Europea o recupero della sovranità di quanta, assurdamente, ce ne sia nei residui della sinistra italiana.

Prendono la parola donne che hanno segnato la storia recente dei movimenti sociali e del conflitto nel nostro paese: Haidi Giuliani e Nicoletta Dosio.  Dalla lontanissima frontiera di Lampedusa ha portato l’intervento il collettivo Askavusa che agisce su quell’isola diventata oggetto della militarizzazione e del lato oscuro dell’Unione Europea. Giorgio Cremaschi, per conto della Piattaforma Eurostop, ha messo nero su bianco la convinzione che la sfida di Potere al Popolo vada accettata con senso dell’unità e maturità da tutti e che la “rottura” è un approccio necessario per rimettere in moto un processo di cambiamento oggi necessario.

Lo storico napoletano Geppino Aragno, che ci ha creduto sin dall’inizio, è latore di un messaggio di augurio importante come quello di Luigi De Magistris.

I segretari del Pci, Mauro Alboresi, e del Prc, Maurizio Acerbo – pur dovendo affrontare un aspro dibattito interno – hanno confermato che accetteranno la sfida di Potere al Popolo. Prima di loro l’europarlamentare Eleonora Forenza aveva insistito molto su questo.

Molti interventi (Nicoletta Dosio, Eleonora Forenza, Collettivo Askavusa, Campagna Noi Restiamo), hanno sottolineato come il dato della rottura con l’Unione Europea possa e debba essere per un lato un obiettivo coerente con un impianto anticapitalista, per l’altro il vero elemento di sintonia con le altre forze alternative nei vari paesi europei.

Ci sono stati molti interventi – dal tenore del Teatro dell’Opera in via di licenziamento all’operaia di Almaviva licenziata e riassunta con una sentenza che ha fatto rumore, dagli universitari della campagna Noi Restiamo a compagne e compagni dei territori pugliesi devastati dal Tap o ai giovani e giovanissimi compagni di Catania. E’ sferzante l’ironia dell’attrice e conduttrice Francesca Fornario che è stata subito della partita intorno alla sfida di Potere al Popolo.

A tirare le conclusioni è stata Viola Carofalo, giovane compagna di Je So Pazzo. Il suo richiamo è quello al lavoro sociale capillare, a sostituire con la guerriglia dei rapporti diretti la mancanza dei media mainstream,  ad essere “militanti” in questa sfida, una parola rimossa o pronunciata quasi con pudore fino a questa mattina e che invece è tornata ad assumere il suo valore dinamico, includente, responsabilizzante di chi sa che questa sfida andrà giocata non tanto nel ristretto recinto del popolo della sinistra quanto nei settori sociali devastati e impoveriti da dieci anni di misure antipopolari e venticinque anni di sanguinosa, inutile e strumentale “riduzione del debito pubblico” imposta dall’Unione Europea dal trattato di Maastricht a oggi.

La sfida è stata accettata con entusiasmo dai quasi mille compagne e compagni che hanno affollato il teatro. Il finale è stato spiazzante e spontaneo per tutti: si è sentito un coro di mille voci cantare Bandiera Rossa e finalmente questa volta non è sembrato un rito consolatorio ma la riaffermazione di una identità politica vera.  Non basteranno ancora a fare il quorum, ma sono più che sufficienti per riattivare una militanza diffusa e motivata in tutto il paese, per ingaggiare finalmente la sfida con un nemico di classe che da troppo tempo non incontra nemici sul suo cammino, e che farà bene a cominciare temere la rimessa in circolazione di una opzione che dichiara come programma “Potere al Popolo”. La Piattaforma Eurostop, ci sarà in tutte le realtà dove è presente e agisce.

 

France Insoumis. La questione dell’Europa: uscire dai Trattati Europei

L’Europa dei nostri sogni è morta. L’attuale Unione è solo un mercato unico e la gente è sottoposta alla dittatura delle banche e della finanza. Come fermare questo incubo?

Dobbiamo uscire dei trattati europei che ci obbligano ad effettuare politiche di austerità e ad abolire l’azione dello Stato e gli investimenti pubblici. Tutto questo con il pretesto di un debito che tutti sanno che non potrà mai essere ripagato da nessun paese.

La nostra indipendenza di azione e la sovranità delle nostre decisioni non dovrebbe quindi essere lasciata alle ossessioni ideologiche della Commissione europea nè alla superbia del governo di grossa coalizione di destra e sinistra in Germania.

Jean-Luc Mélenchon

49 Adottare misure immediate e unilaterali per salvaguardare gli interessi della Nazione e per l’applicazione del nostro progetto

“Non c’è scelta democratica contro i trattati europei“. Nel fare queste osservazioni, il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker si è posto nella parte di tiranno che egli esercita. Il nostro programma non è compatibile con le regole dei trattati europei che impongono austerità fiscale, libero scambio e distruzione dei servizi pubblici. Per applicare il nostro programma, quindi dovremo disobbedire ai trattati al momento dell’arrivo al potere, per garantire la sovranità del popolo francese.

Noi proponiamo di svolgere le seguenti azioni:

  • Eliminare il Patto di stabilità e le norme europee in materia di deficit e denunciare il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance (TSCG) ratificato su iniziativa di Francois Hollande in violazione dei suoi impegni di campagna
  • Fermare unilateralmente l’attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori in Francia, la legislazione nazionale deve essere applicata pienamente, anche per quanto riguarda i contributi previdenziali delle aziende e dei dipendenti
  • Eliminare le regressioni della legislazione europea in materia di questioni sociali e ambientali in relazione al diritto nazionale
  • Eliminare i trattati di libero scambio: il trattato transatlantico TAFTA tra l’UE e gli USA, il CETA con il Canada ed il trattato per la liberalizzazione dei servizi TISA
  • Fermare la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi pubblici (dighe idroelettriche, linee ferroviarie interne, grandi linee e TER, etc.)
  • Controllare i movimenti di capitali per evitare l’evasione fiscale e gli attacchi speculativi contro la Francia

50 Organizzare il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza cercare vendetta o punizione

Il voto del popolo britannico del 23 Giugno 2016 per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea deve essere rispettato. Si devono fare negoziati senza cercare vendetta o punizione, ma che difendano l’interesse nazionale dei francesi e la cooperazione tra i popoli. Il confine del Regno Unito non è nel Pas-de-Calais: noi denunceremo gli accordi di Touquet.

51 Piano A. Proporre la rinegoziazione dei trattati europei per una rifondazione democratica, sociale ed ecologica

L’ UE è in via di smantellamento. Non  ha voluto ascoltare il rifiuto del popolo avvenuto con il referendum francese del 2005. Doobbiamo imporre l’uscita dagli attuali trattati UE. Questa sarà necessariamente una prova di forza, in particolare con il governo tedesco. Proponiamo una strategia di governo in due fasi con un piano A e un piano B in caso di fallimento del piano A. Il Piano A è l’uscita concertata dai trattati europei con l’abbandono delle norme esistenti per tutti paesi che lo desiderano e la negoziazione di altre regole.  Il Piano B è l’uscita dai trattati europei unilaterale da parte della Francia per proporre un altra cooperazione. l’ UE, o cambia o si chiude. Il mandato di negoziare questi piani sarà presentata prima all’Assemblea Nazionale. La validazione di questo processo comporterà necessariamente una decisione del popolo francese con un referendum.

In questo rifondazione europea, includiamo:

  • Terminare l’indipendenza della Banca centrale europea, modificare la sua missione e gli  statuti che autorizzano la richiesta di riscatto del debito pubblico direttamente agli Stati membri, vietare alla BCE di tagliare la liquidità ad uno Stato membro. Senza indugio, la Banca di Francia sarà messa al servizio di questi obiettivi
  • Svalutare l’euro per tornare alla iniziale parità con il dollaro
  • Mettere sotto controllo la finanza, vietare gli strumenti finanziari tossici, tassare le transazioni finanziarie, controllare i movimenti di capitali per prevenire attacchi speculativi
  • Organizzare una conferenza europea sul debito sovrano che porta ad una moratoria, ad un abbassamento dei tassi di interesse, alla riprogrammazione o cancellazione parziale
  • Fermare la liberalizzazione dei servizi pubblici (ferrovie, energia, telecomunicazioni …)
  • Stabilire un protezionismo solidale: fermare la libera circolazione dei capitali e delle merci tra l’ Unione europea ed i paesi terzi, fermare le politiche di libero scambio che minano le economie in via di sviluppo e distruggono l’industria europea, autorizzare gli aiuti ai settori strategici da parte dello Stato
  • Arrestare il dumping interno alla UE attraverso una politica proattiva e veloce di armonizzazione sociale e fiscale in tutta l’ Unione europea con la registrazione di una clausola di non regresso dei diritti sociali
  • Ripensare la politica agricola comune al fine di garantire l’autosufficienza alimentare, il trasferimento e l’agricoltura ecologica e contadina
  • Abbandonare il mercato del carbone e attuare una vera politica di riduzione delle emissioni di gas serra con criteri d convergenza imperativi

52 Applicare un “Piano B” in caso di fallimento dei negoziati

Noi proponiamo di svolgere le seguenti azioni:
  • Bloccare il contributo della Francia al bilancio dell’UE (€ 22 miliardi all’anno, contributo di € 7 miliardi netti )
  • Requisire la Banca centrale francese per riprendere il controllo della politica creditizia e di regolamentazione bancaria, e di prendere in considerazione un sistema monetario alternativo con quelli dei nostri partner,  che nella fase A, hanno espresso il loro desiderio di trasformare l’euro in moneta comune piuttosto che unica
  • Stabilire un controllo dei capitali e delle merci alle frontiere nazionali per prevenire l’evasione fiscale da parte dei gruppi più ricchi e grandi, e proteggersi dagli attacchi speculativi e il dumping sociale, fiscale ed ecologico
  • Costruire nuova cooperazione con gli Stati che desiderano in campo culturale, educativo, scientifico, etc.

53 Difendere e sviluppare la cooperazione con gli altri popoli d’Europa

I trattati europei impongono concorrenza invece di cooperazione tra i popoli. Vogliamo più cooperazione in campo culturale, scientifico, industriale, ambientale e sociale. Gli spazi esistenti per creare ciò sono molti.

Noi proponiamo di svolgere le seguenti azioni:

  • Proporre un’alleanza di paesi del Sud Europa per uscire dall’austerità ed impegnarsi in politiche concertate di rinnovamento ecologico e sociale delle attività economico
  • Rafforzare la partecipazione francese ai programmi di cooperazione più ampia che l’ Unione europea (Erasmus …) o che non hanno nulla a che fare con l’ Unione europea ( CERN , Arianespace, Airbus)
  • Proporre nuova cooperazione basata sulla libera partecipazione delle Nazioni in termini sociali o ecologici (programma di pulizia, transizione energetica …)