Alternative per il socialismo, n. 38
Franco Russo
Basta scorrere i titoli delle Conclusioni dell’ultimo Consiglio Europeo (17-18 dicembre 2015), per cogliere la gravità delle crisi in cui si dibatte l’UE: migrazioni, terrorismo, unione monetaria, mercato interno, clima, Brexit, ISIS e Siria. Leggendole ci si accorge subito che l’UE le affronta con il consueto approccio: varare misure per affrontare nell’immediato le crisi senza essere mossi da prospettive di lungo periodo, attuarle passo dopo passo, sempre però in funzione della costruzione e gestione del mercato unico sovranazionale, il vero e solo grande disegno delle élite europee. Nella ‘realtà effettuale’, per usare parole di Machiavelli, quelle che si vanno compiendo non sono scelte di routine, anche se l’UE le presenta business as usual. Questo approccio non è casuale, in quanto tipico del pluridecennale metodo funzionalista – ‘da cosa nasce cosa’, ciò che raffinati esegeti chiamano ‘effetti di spill over’; in secondo luogo, perché questa routine dai tratti burocratici esprime la consapevolezza delle élite europee dell’ampiezza dei loro poteri in grado di imporre le proprie scelte senza che in nessun paese – neanche là dove sono stati infranti equilibri politici come in Spagna Grecia e Portogallo – governi, partiti, sindacati o movimenti abbiano l’intenzione e, soprattutto, la forza di opporvisi. A scontrarsi, almeno a parole, con l’UE sono formazioni di estrema destra che si battono esclusivamente contro l’ingresso dei migranti e che come alternativa prospettano al più il ritorno allo Stato-nazione, ormai indebolito dalla devoluzione di poteri sovrani; oppure sono capi di governo, come Renzi, che sperano grazie alle polemiche con la Commissione di lucrare consensi nei sondaggi d’opinione e alle elezioni.
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