Il Partito Comunista Spagnolo si dichiara per l’uscita dall’Unione Europea e dall’Euro

di Pedro Montes*

“Come espressione del cambiamento che sta avvenendo, si segnala il documento approvato da una larga maggioranza all’ultimo congresso del PCE, che, dopo un’accurata analisi della situazione in Europa e le conseguenze della moneta unica, dichiara che l’urgente necessità di svincolarsi dall’euro e dall’Unione, è un prerequisito per una politica di lotta contro l’austerità e che pretenda realizzare una politica progressista”.

Cronica Popular ha prestato particolare attenzione alla questione europea, considerandola decisiva per la soluzione della crisi economica e sociale del nostro Paese e, in ultima analisi, per il suo grande significato politico.

Purtroppo le forze politiche e sindacali continuano a respingere il dibattito evitando di esprimersi davanti ai cittadini ed agli elettori. Ma resta il fatto che la dura realtà di un’Europa tormentata e disperata sta aprendo lacune nel corpo sociale e che ci sono sempre più settori e nuclei e politici che si con forza contro l’Europa di Maastricht.

Il PCE ha assunto un’iniziativa incisiva e corretta, diventando così una delle più importanti organizzazioni della sinistra in Europa con una posizione no-euro chiara. Si può solo sperare che attraverso la sua forza e la sua politica, direttamente e indirettamente, possa esercitare la sua influenza e tradurre in azione le tesi del Congresso. Tanto più visto il rischio che la questione europea sia ancora una volta rimossa dal dibattito della campagna elettorale [In Spagna si voterà il prossimo 26 giugno, Ndt]. Non si possono seminare illusioni, perché la frustrazione causerebbe una grave sconfitta politica nelle conseguenze nefaste di sinistra.

TESI DEL XX CONGRESSO DEL PCE: L’UNIONE EUROPEA E L’EUROPA DELL’EURO

«Tesi 15. Rompere con l’euro e l’Unione europea. Per il recupero della sovranità economica, l’uscita dall’euro e la rottura con l’Unione europea per la costruzione di un’alternativa.

Il progetto della UE e l’Euro sono stati un disastro terribile per i popoli d’Europa, in particolare per la classe operaia e gli strati popolari. Gli effetti sulla classe operaia e il tessuto produttivo del nostro Paese sono stati devastanti. Si tratta di un fatto assolutamente oggettivo, frutto di un progetto irrazionale e perverso la cui abolizione è sempre più necessaria. Sia la UE che l’euro sono irriformabili visto che sono stati costruiti sui valori ed i principi del capitalismo e sono stati costruiti per servire gli interessi del potere economico e finanziario.

La discussione è se la scomparsa dell’euro sarà determinata da un processo di rottura dal lato della sinistra internazionalista, guidata dai lavoratori e dai popoli d’Europa contro il grande capitale; se avverrà da destra, con le formazioni di estrema destra che avranno capitalizzato il malcontento, avremo un processo pericoloso, con gravi implicazioni politiche e sociali sul continente.

Sembra improbabile che la rottura dell’euro risulti da un processo consensuale controllato che eviti danni imponderabili; la tendenza è invece quella che vedrà uscite unilaterali dalla zona euro. I vantaggi della “rottura controllata” garantirebbero un processo ragionevole ed equilibrato che sarebbe auspicabile, ma questa non sembra in questo momento la via, visto che per i poteri economici e finanziari il progetto europeo è un sofisticato ed efficace strumento di dominazione. Pertanto devono essere le posizioni rotturiste, internazionaliste e anticapitaliste a guidare il recupero della sovranità e la successiva costruzione di un progetto economico europeo solidale e costruito su valori diversi da quelli attuali.

Il processo di rottura sarà turbolento e distruttivo, in quanto vi sono molti interessi opposti, né dobbiamo dimenticare che tentare di coniugare i nostri valori nel quadro del capitalismo è un atto di fede senza alcuna base. La UE e l’Euro sono irriformabili.

Inoltre, dobbiamo ricordare che è in corso il tentativo di applicare l’accordo noto come TTIP tra la UE e gli Stati Uniti con assoluta impunità e segretezza, un trattato che distrugge la capacità di regolazione degli Stati negli aspetti essenziali delle condizioni di la vita di tutta la popolazione —il lavoro, la salute, l’ecologico, il culturale— e riduce la sovranità, fino al punto di equiparare gli Stati —anzi di sottometterli— alle multinazionali in termini di potere contrattuale.

Solo lasciando l’euro eviterebbe di dover accettare questo accordo che si sta preparando alle spalle dei popoli. La lotta per la sovranità dei popoli sarà inevitabilmente legata alla difesa e la costruzione della democrazia politica.

Tesi 16. Condizioni per la rottura con la UE e l’Euro

La Spagna, come altri paesi dell’Unione europea è da anni a un bivio: o si persegue sulla strada della austerità a tutti i costi come richiesto dalle istituzioni e dei mercati finanziari internazionali; o si intraprende il percorso di riconquistare la sovranità economica e monetaria per costruire un futuro e fermare il disastro. Un cammino, ovviamente, non privo di complessità. Il PCE dovrebbe essere all’altezza delle circostanze e deve evitare di confondere i cittadini, e non lasciare che aspettative irrealistiche producano poi una delusione profonda e frustrante che provocherebbe cambiamenti controproducenti nella coscienza dei popoli oppressi e umiliati. Dobbiamo dire chiaramente che, nel quadro dell’unione monetaria non c’è altra politica rispetto a quella della Troika. E’ questa la verità da trasmettere alla popolazione e avvertirla del bivio davanti a cui si trova la società spagnola.

E dobbiamo dire che, anche se il debito che divora il paese sparisse, non sarebbe possibile superare la situazione e creare una economia forte e abbastanza competitiva per sopravvivere nella zona euro. Dobbiamo indirizzarci all’insieme delle forze impegnate nel cambiamento ed a tutti i cittadini che soffrono duramente la crisi economica a sostenere la sola uscita valida, quella del recupero della sovranità economica.

Il PCE dovrebbe contribuire a liberare il popolo spagnolo e gli altri popoli d’Europa dal giogo imposto dalle oligarchie dominanti in Europa, e quindi, fuori dalla trappola dell’euro, costruire un’alternativa economica, sociale e politica che ci tenga lontano dalla barbarie. Davanti al fallimento ed ai disastri causati dal progetto europeo, i popoli soggiocatiti della UE devono intraprendere altre soluzioni basate sul recupero della sovranità popolare, la solidarietà, la cooperazione e la fratellanza.

Pertanto, dobbiamo puntare ineludibilmente ad organizzare l’uscita dall’euro, organizzare e costruire l’alternativa, essendo assolutamente chiaro con la popolazione circa la situazione e le difficoltà del cammino.

Tesi 17. Assi per la costruzione di un’alternativa all’euro

Il PCE considera ineludibile la necessità di rompere con l’Unione europea e uscire dall’euro, per cui è necessario sviluppare una proposta politica ed economica solida da un punto di vista marxista e della sinistra trafsormatrice. Contrastare l’ideologia dominante per cui l’Unione europea sarebbe garante del benessere sociale e dello sviluppo sociale del Paese implica mettere a fuoco buona parte dei problemi della classe operaia e gli strati popolari: la disoccupazione cronica, la de-industrializzazione del Paese, il taglio dei diritti sociali e politici, dei servizi pubblici, la perdita di potere d’acquisto, l’aumento della repressione, del razzismo e della xenofobia.

Il PCE ha l’autorità politica per spiegare quello che ha significato la UE ha portato per i popoli d’Europa e per i lavoratori del nostro Paese e il resto del continente. Un discorso che iniziò con la nostra opposizione al Trattato di Maastricht quando sostenemmo — e il tempo ci ha dato ragione— che Maastricht sarebbe servito non per costruire l’Europa, ma per distruggerla. Già allora mettemmo in guardia che il Trattato implicava una riforma costituzionale che intronizzava i mercati. Un Trattato che andrà modificandosi e ampliandosi coi Trattati di Amsterdam, Nizza e di Lisbona, fino a formare l’architettura europea vigente.

Nel 1997 avemmo il Trattato di Amsterdam con il quale si incorporavano la Finlandia, la Svezia. Con esso si approvava il Patto di Stabilità e Crescita con l’obiettivo della convergenza stabile, deficit 0 e anche in avanzo, raccomandando tagli alla spesa sociale, una politica fiscale regressiva col che si accentuava la precarietà del lavoro, trasferimenti di fondi pubblici (in particolare i contributi previdenziali) per sovvenzionare aziende private e colmare il deficit con il successivo emergere della cosiddetta finanza creativa, ed infine l’intensificazione dello smantellamento del settore pubblico.

Nel 2000 , con il Trattato di Nizza si approvava per il 2004 l’ingresso di Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Malta e Cipro. Un aumento febbrile dei soci, su istigazione degli Stati Uniti per controllare il cortile di casa della UE, creando in tal modo una situazione in cui l’Unione ci sarebbero state diverse velocità sul piano economico, monetario, militare e politico. Nel 2001, quando entrò in vigore l’euro avemmo l’acquiescenza delle forze politiche e sindacali (tranne IU e PCE).

Più tardi, nel 2007, il Trattato di Lisbona, che promuoverà la deregolamentazione del mercato e impedirà l’intervento dello Stato per raggiungere obiettivi sociali, e si convertì, in sostanza, nello stesso Trattato che è venne respinto in Francia e nei Paesi Bassi nel 2004, la Costituzione europea.

In definitiva, la strategia migliore è quella di opporsi all’euro e all’Unione europea con gli argomenti che abbiamo fatto negli anni, rafforzandola con le ragioni che offre la tragica realtà di decine di milioni di lavoratori in tutta Europa; di milioni di lavoratori e lavoratori nel nostro paese.

Siamo l’unica forza che abbia avuto un approccio coerente dall’inizio della costruzione dell’Europa dei mercati, quindi dobbiamo adoprarci per costruire un’alternativa politica, economica, ma anche culturale.

E’ necessario un progetto di integrazione europea, tuttavia questo non può avvenire fino a quando popoli d’Europa non avranno recuperato la sovranità politica ed economica. Questo progetto dovrebbe essere costruito proprio con quei paesi i cui popoli abbiano fattivamente dimostrato la loro volontà di conquistare la piena sovranità politica ed economica, e mostrato la loro volontà di costruire un nuovo progetto di integrazione su nuovi principi e valori di solidarietà internazionalista.

A questo proposito, è importante dare la priorità all’alleanza con i paesi più colpiti dal debito e sottomessi dal’ architettura della Ue, promuovendo e coordinando un progetto di sinistra e rupturista con le altre forze europee. E’ possibile fondare un’alternativa anticapitalista che superi il quadro degli Stati nazionali sull’idea di costruire una sorta di Alba paesi europei periferici.

E’ possibile e necessario conciliare il desiderio di sovranità nazionale generata da tagli e politiche di austerità della UE con la nostra tradizione internazionalista e gli illogici e paralizzanti complessi (risultato di errori propri) sul concetto di Spagna. E’ imprescindibile costruire e lavorare ad un concetto di patriottismo rivoluzionario integratore con le diverse nazionalità dello Stato».

*Fonte: Salir de l’euro